marzo 05, 2011

Pensieri di una mattinata scolastica come un'altra.

Non è ch'io voglia esser polemica polemica per forza, ché io non sono tipa da "A cosa mi serve studiare 'sta roba nella vita?", ché io -per esempio- algebra la amo anche se quando vai a far la spesa non dici che i pomodori costano x(x-2y), però insomma, siamo davvero così certi che i poeti si mettano a scrivere poesie assicurandosi d'infilare necessariamente un ossimoro da qualche parte o contando le 'a' che infila in un verso?
Insomma, io credo che se un poeta si trova seduto in mezzo ad un prato circondato dal profumo dell'erba e decide di scrivere una poesia, andrà ad orecchio, cercando di buttare giù tutte le emozioni che gli si son scatenate dentro, e se scrive che "sente l'erba crescere" è perché quella è la sua sensazione, non è che se l'è studiata per dei mesi per infilarci dentro una sinestesìa a tutti i costi.
Quindi niente, così, era per dire che ci complichiamo tanto la vita e troviamo regole del cazzo persino in poesia, dove le regole sono l'unica cosa che non esiste, ché se io scrivo che sento il profumo di qualcosa mai visto è perché mi piace dir così, non è che dico "Oh, dai, infiliamoci una figura retorica". Checcazzo.

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