luglio 31, 2010

I cervelli hanno una garanzia?

Inizio seriamente a sospettare che il mio cervello mi sia stato recapitato con un difetto di fabbrica.

luglio 30, 2010

Smile!

Credo si stia perdendo il valore dei piccoli gesti.
Cosa ti costa, porca miseria, sorridere alla barista che ti dice "Buongiorno", augurare buona giornata alla commessa e alla cassiera del supermercato, ascoltare per due minuti un'anziana signora che ha bisogno di qualcuno che le presti un po' d'attenzione, sorridere a un bambino e restituirgli la palla che è finita lontano, far passare avanti un uomo di fretta al banchetto delle crepes, dire di sì a nonna che ti dice di andare piano anzi che sbuffare, dare un bacio a mamma prima di uscire di casa, dare un pezzetto di qualcosa a un cane randagio?
Non costa niente. Niente.
E allora cazzo, falle, queste piccole cose!
Sorridi. Voglio vedere il tuo sorriso.

luglio 29, 2010

Stile alcolisti anonimi.

Okay, do you know? Ho voglia di fare una di quelle schifezze da diario segreto.
La prima volta che ne ho comprato uno, a quattro anni e mezzo, ho chiesto a mamma "Mamma, ma come devo iniziare?" -sì, ho sempre avuto seri problemi d'incipit-, e lei m'ha detto "Presentati". E allora, con la mia calligrafia un po' storpia che già si faceva riconoscere dall'epoca, ho scritto nome, cognome, età, scuola, hobby, passioni, ambizioni, e un bel "Adesso vado diario ti scrivo presto", tutto così, senza virgole.
Poi ho perso le chiavi del mio bel diario, e ho chiesto a mamma se potevo averne un altro. Mi ha detto di no, e allora me l'ha comprato zia che diceva sempre che la mia passione per libri e quaderni andava alimentata il più possibile -salvo poi pentirsi in seguito, quando è diventato impossibile parlare in mia presenza senza esser corretti su tempi verbali e sintassi-.
Allora ho detto a mamma "Devo iniziare da dove avevo finito l'altro?", e lei m'ha risposto di no, che questo era un diario nuovo e ancora non mi conosceva. Allora di nuovo nome, cognome, età, scuola, hobby, passioni, ambizioni e un "Scusa diario ma la mamma dice che devo apparecchiare il tavolo ti voglio già bene a domani", di nuovo senza virgole perché quando dicevo alla maestra G. che non capivo come cavolo funzionassero mi rispondeva sempre che era troppo presto, che me l'avrebbero insegnato alle elementari, e che poi dovevo sentirlo da sola quando era il momento giusto per una bella virgola, e allora la guardavo imbronciata e le rispondevo che a me le virgole non parlavano e non me lo dicevano quando era il momento giusto, e che lei doveva insegnarmi come poterle ascoltare perché era il suo compito di maestra, e lei mi rideva in faccia. Credo che per questo non la perdonerò mai.
Comunque questa tiritera è andata avanti per un bel po', e mentre io continuavo a scrivere nome, cognome, età, scuola, hobby, passioni, ambizioni e strampalati saluti in cui avevo iniziato a mettere virgole a caso, seguendo logiche sempre diverse -ogni tre parole, una ogni volta che alla televisione dicevano "pelle", e altre che la mia fantasia si divertiva ad inventare-, sulla mia scrivania la pila dei diari andati ormai perduti, che non potevo più aprire, diventava così alta che ho dovuto spezzarla, farle diventare due file un po' più basse.
Poi nonno mi ha comprato un diario segreto di quelli con la combinazione, così che io non potessi più perderlo, ma avevo perso la voglia di presentarmi.
Avevo sette anni, e ho pensato che alla fine il mio diario era mio e solo mio, che doveva diventare quello in grado di ascoltare ogni mio singolo pensiero, quello che non mi guardava con gli occhi lucidi se gli raccontavo dell'ultimo litigio di mamma o papà o dell'ennesima fuga di Semola, quel benedetto scoiattolo che di starsene buono nella gabbia non ne voleva sapere e alla fine è sparito chissà dove, anche se un po' m'era venuto il sospetto che mamma l'avesse accoppato con la scopa. E allora al mio diario cosa gliene fregava di sapere nome, cognome, età, scuola, hobby, passioni, ambizioni e saluti senza virgole o con le virgole a caso?
Niente, al mio diario importavano solo le mie emozioni e i miei pensieri, e allora sulla prima pagina, quel sette aprile duemilauno ho scritto "Ciao nuovo diario, sono M. e da oggi credo che sporcherò le tue pagine con la mia nuova penna a forma di struzzo. Me l'ha regalata mia zia, è tutta pelosa e gialla. Mi fa schifo ma la uso così non si offende. Comunque oggi la mia mamma mi ha detto che tra un po' nasce la mia sorellina e che il nome lo posso scegliere io ma che a lei piace Noemi. Mi sa che la chiameremo così. Però spero che questa volta nasca perché quella che non è nata mi manca tanto." E non ho neanche detto "Ciao". L'ho lasciata lì, quella prima pagina, con una M. piena di ghirigori che voleva essere una firma artistica e quel velato ricordo di un piccolino mai nato a cui a volte penso, e mi chiedo se la mia sorellina che doveva nascere avrebbe avuto gli occhi di mamma, almeno lei, e se adesso mangia tanto gelato e se si sporca il naso di cioccolata come quella meraviglia che è nata un po' dopo quel primo scritto sul diario viola con un maiale stampato sul davanti.
Comunque, adesso, m'è venuta voglia di presentarmi.
Non tanto come a un diario, ma come ad un centro per abbandonare vecchi circoli viziosi, perché io ho troppi vizi da perdere.

Ciao a tutti, io sono M. e sono qui perché ho un problema con i vizi.
Ho bevuto caffè nero in continuazione da ieri sera, e questa notte non ho chiuso occhio.
Stanotte, a causa dell'insonnia, ho pensato troppo, e ogni pensiero è stato accompagnato da un singhiozzo o una lacrima o un calcio al mobile o un sorso di caffè, e alla fine ero così stanca che non volevo dormire per niente, anche se poi alle sette e mezza sono crollata, per poi svegliarmi alle dieci meno qualche minuto, e con passo barcollante sono andata in cucina a farmi un altra moka di caffè.
Il caffè è finito, ed io avevo bisogno di qualcosa che si mettesse a correre per le mie vene opprimendo il sangue che ultimamente vorrei tanto fermare, e allora ho preso la mia borsa di jeans e ho recuperato le mie Lucky Strike e mi sono sdraiata sul letto con la finestra aperta e la pioggia che bagnava il letto e il mio viso, regalandomi le lacrime che non riesco più a versare, e ho fumato a pancia in su, con la canottiera bianca che fascia un po' troppo il seno decisamente troppo grande ed i calzoncini da tennis di papà che hanno ancora l'odore del sapone che mamma usa per lavare la sua roba e che m'han fatto tornare un po' bambina, quando non trovavo il pigiama e prendevo una sua maglietta che mi arrivava alle caviglie.
Poi ho pensato che con questa pioggia, mamma non m'avrebbe permesso di uscire a comprare le sigarette e ho lasciato le ultime tre nel pacchetto, nascondendole di nuovo nella borsa per impedirmi di cedere alla tentazione -anche se poi una me la sono rifumata- e ho chiuso la finestra e cambiato le lenzuola e nascosto l'odore di fumo con quel cacchio di Oust che non sopporto, ma che uso perché a papà da fastidio l'odore delle sigarette, soprattutto se sono le mie.
Sono andata in cucina nella disperata ricerca di qualcosa da bere che non fosse acqua, perché mi sono stufata di quel liquido trasparente, volevo qualcosa di colorato.
Allora ho trovato il Baileys, e me ne sono fatta fuori un bicchiere e mezzo.
E adesso, con la testa che vorrei che girasse e invece non lo fa, con questa tazza di caffè solubile che mi fa schifo ma che almeno è caffeina quindi sto zitta e tracanno, parlo al vuoto, e mentre parlo metto per iscritto quello che dico, pensando stupidamente che in uno dei due modi qualcuno mi senta e mi venga ad aiutare, perché alla fine non è vero che voglio morire.
Voglio solo essere meno sola e ho bisogno di qualcuno che mi salvi da me stessa.
Brava M.
Qualcun altro?

luglio 25, 2010

Can people fall in love with a smile?

Mi sono ritrovata a fissarlo per un quarto d'ora di seguito, senza alcun tipo d'interruzione, e lui neanche se n'è accorto -per fortuna, aggiungerei-.
E' che mi hanno affascinato quei capelli biondo platino tutti tirati su, sparati con una precisione quasi geometrica, ma non credo ci avesse perso più di dieci minuti del suo tempo, e quegli occhi azzurri glaciali, ma forse liquidi. Come il mare di Sardegna, ecco.
E poi quella maglia a righe e quei pantaloni stretti, e quello zaino strano.
Era francese? Non lo so, l'unica sua parola che sono riuscita ad afferrare è stata un "Oui!" quasi gridato, ma oggigiorno è quasi di moda rispondere in altre lingue, perciò, nononostante quel "oui" fosse pronunciato alla perfezione, davvero non so dire se fosse francese o meno.
Poi è arrivata la solita ritardataria, -che di solito non è lei, ma c'è sempre una prima volta per tutti- ed è saltata su con un "Viene anche mio cugino.. M'è venuto a trovare da Milano e mi dispiaceva lasciarlo da solo. Parcheggia e arriva".
Solo che, quando ridi cercando di smorzare il nervosismo, aggrappandoti ad ogni battuta, ogni aneddoto, ogni racconto, sei talmente concentrata che non ci pensi ad osservare la strada, che potrebbe arrivare questo fantomatico cugino di Milano.
Piacere, se n'è uscito, io sono Antonio.
E allora gli sorrido e mi presento, che alla fine nonostante avesse degli occhi che sembravano due pozze d'oro nero e dei capelli ricci estremamente dolci, l'educazione è la cosa più importante.
Abbiamo riso e abbiamo scherzato, con i suoi "Ma si sente che sono di Milano?" palesemente sarcastici, con i nostri "Ma dai? Sembravi di Napoli, giuro!", e quella sua risata contagiosa che davvero m'ha fatto stare bene, anche quando, seduti sulla sabbia, ci siamo scambiati i pezzi di pizza perché lui l'aveva presa margherita per abitudine e io invece c'avevo messo tre quintali di mascarpone, come m'ha insegnato a fare un vecchio ricordo, e lui mi ha sorriso, anche se poi non è stata una cosa insolita, con quel sorriso identico a quello di Jackson Rathborne.
E allora mi son voltata verso il ragazzo biondo, quello quasi francese, e ho pensato che gli mancava un bel sorriso, su quel visetto d'angelo, per poi riportare la mia attenzione su Antonio che portava avanti un'arringa sull'importanza della batteria in un gruppo musicale.
E allora mi chiedo, è possibile che esistano persone capaci di alleggerirti il cuore?
Si può stare bene per una sera, una sera soltanto, senza sentirsi in colpa appena arrivati a casa?
Ci si può far stregare da una persona, quasi da considerarla un dono, in un giorno come questo, quando i fuochi artificiali sono accompagnati dalla musica sbagliata e fan venire una voglia tremenda di piangere, e invece non lo fai perché un ragazzo al tuo fianco continua a farti sorridere senza malizia, come una specie di angelo custode?
Ci si può.. innamorare di un sorriso?

luglio 18, 2010

"Sapete cosa vuol dire perdere qualcosa che per voi è la vita?"
Sì. E ora che lo sai?
Ti senti meglio? Ti senti meno solo? Ti senti.. non lo so, ti cambia qualcosa?
A me no. Se io venissi a sapere che qualcun altro ha perso la sua unica ragione di vita, mi lascerebbe, se non indifferente -sì, una volta che ci passi niente ti tange. suona come una cattiveria, ma non lo è. è solo cinismo, forse-, quantomeno con più sconforto di prima.
Per questo non chiedo, non indago, non confido, non rivelo. Non voglio appiopparmi pure la sofferenza altrui.
Ho già un vuoto a cui badare, da riempire. Per cui disperarmi.
Non ho bisogno del tuo, grazie.
Perciò, hai avuto la tua risposta. Adesso lasciami stare.

Fog all around my memories.

Il bello è essere in un posto dimenticato da Dio, quasi, ma starci talmente bene che quando rispondi al telefono ti chiedono "Come mai sei così felice?".
Ma è così strano? Cioè, nel senso -domanda stupida-, si nota così tanto che in genere non sono a questi livelli di buonumore?
"Cazzo," -sì, mamma è fine- "ti ci mando più spesso su di là, sei meno isterica quando torni".
Ah, grazie .
Ma a parte questo, davvero mamma, mandamici più spesso, perché già era tanto che non m'immergevo nel verde e nella pace e nel silenzio e nel profumo di fiori, ma davvero m'è sembrato un miracolo ritrovarmi a sorridere da sola come 'na scema solo per aver visto il panorama, non trovi?
A parte il freddo, -okay, lo ammetto, andare in canottiera in moto su per i monti non è stata propriamente una furbata-, ho tutti gli organi che mi ringraziano, eh. -a parte il pancreas. ma lui ha uno spirito ribelle, ignoriamolo-.
Sarà che lì tutto sa di lui, e allora è impossibile non sorridere, ma voglio più spesso ubriacarmi di ossigeno e ricordi, per poi non capire più niente e non ricordare neanche cos'ho fatto negli ultimi trecentonovantacinque giorni.
Sì, sono ubriaca di lui. E non voglio tornare sobria mai più, sappilo.

luglio 09, 2010

Cherry blossoms.

Ci sono amicizie che nascono piano, come i fiori di ciliegio.
Hai presente i fiori di ciliegio, sì? Son meravigliosi, davvero, di quella meraviglia che ti lascia quasi senza fiato, stringendo i polmoni in una morsa tutt'altro che dolorosa, oserei dire quasi piacevole. E mentre sei lì che guardi i fiori di ciliegio, quasi non ti capaciti della loro bellezza, capisci? Non te ne frega niente se c'è chi dice che son meglio i fiori di pesco, perché anche se lo sai, che i fiori di pesco son bellissimi ed hanno quel profumo inebriante, sono i fiori di ciliegio quelli che ti mozzano il respiro, che t'han catturato col loro profumo.
E proprio come questo fenomeno primaverile, ci sono quelle persone che conosci così, che magari all'inizio ti stanno pure sulle palle, poi col tempo iniziano a non farti né caldo né freddo.
Magari prima c'era un altro albero, che per te, cacchio, aveva un profumo indispensabile. Magari era pure l'unico albero capace di produrre il tipo d'ossigeno adatto al tuo organismo.
Ma l'autunno arriva, e con lui l'inverno, e i fiori appassiscono, le foglie si seccano. E, contrariamente a ciò che dicono i libri di scienze, l'albero muore. Fine della sua storia. L'ossigeno non c'è più. Puoi solo sedere all'ombra di quell'albero a te tanto caro, crogiolandoti nell'illusione che stia ancora respirando per te.
Ma sai cosa accade? Lì vicino arriva la primavera, ed i boccioli di quel ciliegio che tu ignoravi si schiudono, rivelando la magnificenza di quei fiori profumati. E magari scopri pure che l'ossigeno che produce non è esattamente quello giusto, però è compatibile.
Il ciliegio diventa un po' la tua vita, e senza allontanarti troppo dalla carcassa del vecchio albero, che tu amavi e continui ancora ad amare, perché vi legava una cosa che andava oltre il rapporto albero-agricoltore, inizi a prenderti cura di quel ciliegio che per te sta diventando indispensabile.
Ecco, tu sei per me come i fiori di ciliegio in perenne fioritura.