La prima volta che ne ho comprato uno, a quattro anni e mezzo, ho chiesto a mamma "Mamma, ma come devo iniziare?" -sì, ho sempre avuto seri problemi d'incipit-, e lei m'ha detto "Presentati". E allora, con la mia calligrafia un po' storpia che già si faceva riconoscere dall'epoca, ho scritto nome, cognome, età, scuola, hobby, passioni, ambizioni, e un bel "Adesso vado diario ti scrivo presto", tutto così, senza virgole.
Poi ho perso le chiavi del mio bel diario, e ho chiesto a mamma se potevo averne un altro. Mi ha detto di no, e allora me l'ha comprato zia che diceva sempre che la mia passione per libri e quaderni andava alimentata il più possibile -salvo poi pentirsi in seguito, quando è diventato impossibile parlare in mia presenza senza esser corretti su tempi verbali e sintassi-.
Allora ho detto a mamma "Devo iniziare da dove avevo finito l'altro?", e lei m'ha risposto di no, che questo era un diario nuovo e ancora non mi conosceva. Allora di nuovo nome, cognome, età, scuola, hobby, passioni, ambizioni e un "Scusa diario ma la mamma dice che devo apparecchiare il tavolo ti voglio già bene a domani", di nuovo senza virgole perché quando dicevo alla maestra G. che non capivo come cavolo funzionassero mi rispondeva sempre che era troppo presto, che me l'avrebbero insegnato alle elementari, e che poi dovevo sentirlo da sola quando era il momento giusto per una bella virgola, e allora la guardavo imbronciata e le rispondevo che a me le virgole non parlavano e non me lo dicevano quando era il momento giusto, e che lei doveva insegnarmi come poterle ascoltare perché era il suo compito di maestra, e lei mi rideva in faccia. Credo che per questo non la perdonerò mai.
Comunque questa tiritera è andata avanti per un bel po', e mentre io continuavo a scrivere nome, cognome, età, scuola, hobby, passioni, ambizioni e strampalati saluti in cui avevo iniziato a mettere virgole a caso, seguendo logiche sempre diverse -ogni tre parole, una ogni volta che alla televisione dicevano "pelle", e altre che la mia fantasia si divertiva ad inventare-, sulla mia scrivania la pila dei diari andati ormai perduti, che non potevo più aprire, diventava così alta che ho dovuto spezzarla, farle diventare due file un po' più basse.
Poi nonno mi ha comprato un diario segreto di quelli con la combinazione, così che io non potessi più perderlo, ma avevo perso la voglia di presentarmi.
Avevo sette anni, e ho pensato che alla fine il mio diario era mio e solo mio, che doveva diventare quello in grado di ascoltare ogni mio singolo pensiero, quello che non mi guardava con gli occhi lucidi se gli raccontavo dell'ultimo litigio di mamma o papà o dell'ennesima fuga di Semola, quel benedetto scoiattolo che di starsene buono nella gabbia non ne voleva sapere e alla fine è sparito chissà dove, anche se un po' m'era venuto il sospetto che mamma l'avesse accoppato con la scopa. E allora al mio diario cosa gliene fregava di sapere nome, cognome, età, scuola, hobby, passioni, ambizioni e saluti senza virgole o con le virgole a caso?
Niente, al mio diario importavano solo le mie emozioni e i miei pensieri, e allora sulla prima pagina, quel sette aprile duemilauno ho scritto "Ciao nuovo diario, sono M. e da oggi credo che sporcherò le tue pagine con la mia nuova penna a forma di struzzo. Me l'ha regalata mia zia, è tutta pelosa e gialla. Mi fa schifo ma la uso così non si offende. Comunque oggi la mia mamma mi ha detto che tra un po' nasce la mia sorellina e che il nome lo posso scegliere io ma che a lei piace Noemi. Mi sa che la chiameremo così. Però spero che questa volta nasca perché quella che non è nata mi manca tanto." E non ho neanche detto "Ciao". L'ho lasciata lì, quella prima pagina, con una M. piena di ghirigori che voleva essere una firma artistica e quel velato ricordo di un piccolino mai nato a cui a volte penso, e mi chiedo se la mia sorellina che doveva nascere avrebbe avuto gli occhi di mamma, almeno lei, e se adesso mangia tanto gelato e se si sporca il naso di cioccolata come quella meraviglia che è nata un po' dopo quel primo scritto sul diario viola con un maiale stampato sul davanti.
Comunque, adesso, m'è venuta voglia di presentarmi.
Non tanto come a un diario, ma come ad un centro per abbandonare vecchi circoli viziosi, perché io ho troppi vizi da perdere.
Ciao a tutti, io sono M. e sono qui perché ho un problema con i vizi.
Ho bevuto caffè nero in continuazione da ieri sera, e questa notte non ho chiuso occhio.
Stanotte, a causa dell'insonnia, ho pensato troppo, e ogni pensiero è stato accompagnato da un singhiozzo o una lacrima o un calcio al mobile o un sorso di caffè, e alla fine ero così stanca che non volevo dormire per niente, anche se poi alle sette e mezza sono crollata, per poi svegliarmi alle dieci meno qualche minuto, e con passo barcollante sono andata in cucina a farmi un altra moka di caffè.
Il caffè è finito, ed io avevo bisogno di qualcosa che si mettesse a correre per le mie vene opprimendo il sangue che ultimamente vorrei tanto fermare, e allora ho preso la mia borsa di jeans e ho recuperato le mie Lucky Strike e mi sono sdraiata sul letto con la finestra aperta e la pioggia che bagnava il letto e il mio viso, regalandomi le lacrime che non riesco più a versare, e ho fumato a pancia in su, con la canottiera bianca che fascia un po' troppo il seno decisamente troppo grande ed i calzoncini da tennis di papà che hanno ancora l'odore del sapone che mamma usa per lavare la sua roba e che m'han fatto tornare un po' bambina, quando non trovavo il pigiama e prendevo una sua maglietta che mi arrivava alle caviglie.
Poi ho pensato che con questa pioggia, mamma non m'avrebbe permesso di uscire a comprare le sigarette e ho lasciato le ultime tre nel pacchetto, nascondendole di nuovo nella borsa per impedirmi di cedere alla tentazione -anche se poi una me la sono rifumata- e ho chiuso la finestra e cambiato le lenzuola e nascosto l'odore di fumo con quel cacchio di Oust che non sopporto, ma che uso perché a papà da fastidio l'odore delle sigarette, soprattutto se sono le mie.
Sono andata in cucina nella disperata ricerca di qualcosa da bere che non fosse acqua, perché mi sono stufata di quel liquido trasparente, volevo qualcosa di colorato.
Allora ho trovato il Baileys, e me ne sono fatta fuori un bicchiere e mezzo.
E adesso, con la testa che vorrei che girasse e invece non lo fa, con questa tazza di caffè solubile che mi fa schifo ma che almeno è caffeina quindi sto zitta e tracanno, parlo al vuoto, e mentre parlo metto per iscritto quello che dico, pensando stupidamente che in uno dei due modi qualcuno mi senta e mi venga ad aiutare, perché alla fine non è vero che voglio morire.
Voglio solo essere meno sola e ho bisogno di qualcuno che mi salvi da me stessa.
Brava M.
Qualcun altro?
Nessun commento:
Posta un commento