gennaio 27, 2013

I can only do so much, and of course is never enough.


Okay, adesso basta.
Io non ce la faccio, voglio che questo sia chiaro a tutti. Io non ce la faccio, punto, basta, fatevene una ragione, ho dei limiti rigidissimi, per quanto io possa tentare e continuare a spingere sempre più forte quelli non si spostano, mi stanco e basta.
Non ce la faccio, io ci provo, sul serio, ad essere una brava figlia, una brava sorella, una brava studentessa, una brava amica e una brava ragazza, ma non si possono fare tutte queste cose insieme. Non si può e basta.
O almeno, io non posso, perché per quanto io m'impegni non posso essere perfetta, non è proprio la mia natura, finisce solo che vomito per delle settimane mentre nella mia testa si susseguono urla e saluti mancati e l'eco di un antico senso di colpa che ho un po' camuffato negli anni ma che è sempre stato lì e che continuerà sempre a far echeggiare nella mia testa la convinzione di essere un totale fallimento su ogni fronte.
Io non ce la faccio, sul serio, qualcuno faccia qualcosa, perché io più di così non posso fare, e “così” non è abbastanza, evidentemente, lo dimostrano i fatti, lo dimostrano gli amici (amici?) che dopo settimane di chiamate senza risposta passano e non solo non si scusano, ma neanche si sforzano di biascicare un ciao, lasciandomi seduta fuori da quel cazzo di bar sull'orlo di un attacco di panico ed una crisi isterica – signora barista, ringrazi che c'era ancora del caffè nella tazzina, altrimenti avrei lanciato il suo bellissimo tavolino in legno.
Datemi il permesso di voltarmi e correre, datemi il permesso di distruggere tutta questa città piena di falsi amici (che non sono vocaboli inglesi, purtroppo, con quelli sono brava, me la cavo, ma con questi proprio no) e genitori che ti urlano addosso cose che non stanno né in cielo né in terra mentre tu fai tutto il possibile per non deluderli, e allora ti butti sui libri e smetti di bere e smetti di uscire il martedì pomeriggio e smetti di comprare libri e inizi ad andare a letto presto e questo non basta mai, non basta mai, non basto mai.
Ne hanno tutti abbastanza di me, ma io sono ancora qui, quindi non so, o sono (di) troppo o loro hanno qualche problema, e allora credo che me ne dovrei andare, dove non importa, solo, per favore, portatemi via da qui.

gennaio 22, 2013

Grazie, perché mi fai forza sempre, anche quando non ci sei.
Ti voglio bene, ciao, dormi bene; mi manchi un sacco ma (almeno tu) non ci pensare.

gennaio 21, 2013

'n si può.

Pensavo a quando siamo andati a comprare il regalo per P. e mentre guidavi il tuo vecchio motorino un automobilista ha gettato un brick dell'estathe dal finestrino prendendoti dritto dritto nell'occhio.
Hai accostato e mentre io controllavo i danni tu non facevi altro che chiedere se io mi ero fatta male - se prendeva te lo toglievo dal mondo, altro che seghe.
Ecco, è una settimana che a farmi male sei tu ché un giorno ti vado bene e l'altro no, quindi o ti tolgo dal mondo io oppure troviamo una soluzione, eccheccazzo.

gennaio 14, 2013

Daje.

Premetto che il titolo non c'incastra 'na sega, mi sono solo fissata con suddetta parola e con l'espressione "Non mi sdruma una magonza", trovata nel libro Il metodo 'sticazzi - fantastico, non è un portento della letteratura ma ve lo consiglio.

Mia madre è ritardata.
A parte il fatto che si ostina a usare Internet Explorer e poi smaciulla il cazzo a me perché è lento.
...
MA DAI?!
Idiota.
Comunque, fatta eccezione del suo pessimo istinto di sopravvivenza informatico, oggi ha pensato bene di mettere a lavare tutti i miei jeans.
Tutti.
Anche quelli puliti.
"Dovevo riempire la lavatrice!".
Eccèrto. A che cazzo mi metto io domani non ha pensato, figuriamoci.
Quando ho sollevato la questione, ha detto "Hai i pantaloni bianchi e quelli neri che ti ha regalato zia".
Ora.
Quelli bianchi li metto solo la sera quando sono certa che
a. non devo maneggiare niente che potrebbe malauguratamente cadermi addosso - ovvero mai, perché a me cade addosso anche la cenere delle sigarette degli afroamericani attualmente residenti in Zimbabwe che, per chi non lo sapesse, è parecchio distante da casa mia;
b. non entrerò in contatto con nessun ubriaco che potrebbe vomitarmi addosso - ovvero mai, perché ogni volta che c'è un ubriaco in giro viene a vomitarmi accanto, credo sia perché ricordo loro la ceramica del water, boh, non lo so, fatto sta che io sono l'unica ubriaca che vomita nei wc veri sempre e comunque, perché l'educazione prima di tutto (?);
c. tra l'esatto secondo in cui scenderò dalla macchina e quello in cui varcherò la soglia di casa mia non passeranno più di due/tre ore - ovvero mai per una serie di motivi che non starò qui ad elencare (uno è l'inesistente puntualità dei miei autisti, per esempio);
Quelli neri, come insegna il nostro caro amico Murphy che ci sa, sono estivi.
Come invece insegna l'esperienza di chiunque conosca i miei livelli d'insanità mentale, ho optato per quelli neri. Mi pare ovvio.
Esco da casa alle sette e mezza per rientrarvi alle due meno qualcosa, verso le undici la gente ha le mani unticce e c'è un buon settantacinque percento di probabilità che mi venga il ciclo, quindi quelli bianchi sono decisamente out - mi sento una make-up artist quando dico out, ergo lo dico spesso.
Va da sé che domani cagherò polaretti come se non ci fosse un domani, perché ovviamente farà freddissimo, e che tutti quei simpaticoni dei miei amici fidati quando mi vedranno completamente in nero inizieranno a fare battute sul mio essere 'troppo emo'.

Che poi io dico, cristo d'un dio, possibile che frangia di lato = emo?
Ancora? Nel duemilatredici?
Ma che davero?! (cit.)

Ah, comunque buon anno. (?)

gennaio 08, 2013

La befana non mi porta mai il carbone. (?)

Volevo dire ai giornalisti e a tutti quelli che lavorano in televisione che il bullismo non esiste solo una volta l'anno, e che ridurre tutto a numeri - spaventosi, tra l'altro, cristiddio, provate a dare un volto e un nome ad ogni unità, provate a dare ad ogni singola cifra il volto del vostro vicino di casa, di vostro fratello, di quel ragazzo carino che ogni tanto seguite con lo sguardo, e poi provate a dire che non vi viene da piangere - è oltremodo squallido.
Le vittime di bullismo non sono solo quelle che creano più interesse mediatico, le vittime di bullismo sono tutti quei ragazzi che la mattina hanno mal di pancia e sperano che metà della classe abbia l'influenza, che vanno a letto la sera e si chiedono se è vero che hanno il culo grosso, o i denti storti, o i capelli stopposi, e che anche se all'inizio non ci credono molto se ne convincono comunque, perché a forza di ascoltarle le cose diventano vere.
Volevo poi dire ai genitori che non importa quanti anni abbia il proprio figlio, perché che siamo tutti uguali e che prendere in giro gli altri è sbagliato bisognerebbe insegnarlo da subito, prima ancora che il figlio sia in grado di parlare, e che non sono mai ragazzate,  neanche in terza elementare, se poi questi di anni non ne hanno otto sarebbe il caso di fare qualcosa, magari in fretta.
Volevo dire a tutte le persone come me, quindi sì, magari anche tu, che non sono sole. Non sei solo. E non lo dico perché è una frase di una canzone o perché va di moda, è così. Almeno, io ci sono.
Io ci sono perché lo so cosa vuol dire, essere lì ed essere presi per il culo e sentirsi uno schifo e voler solo che si apra una voragine nel pavimento ed essere risucchiati così da non dover mai più provare una cosa del genere, fidatevi, so cosa vuol dire avere nomignoli orridi - queste persone hanno pure un gusto pessimo, tra l'altro - e quasi dimenticare il proprio nome, so cosa vuol dire piangere la notte, so cosa vuol dire sentirsi soli, ed è perché lo so che vi dico che soli proprio non lo siete. Io non so quante persone leggano questo blog, però se tra voi c'è qualcuno che ha voglia di parlare io ci sono, nel mio profilo c'è un indirizzo email, usatelo. Scrivetemi una frase, un poema, un libro, quanto vi pare, ma se ne avete voglia, fatelo. Per favore.
Io mi sentivo come se non potessi parlarne con nessuno, e stavo di merda. Sul serio. Anche adesso che gli amici li ho, non parlo mai liberamente di queste cose. Io non vi conosco, non potrei mai giudicarvi, scrivetemi. Se siete qui mi conoscete e siete un po' amici miei, e io i miei amici li voglio aiutare come posso.
C'è questo ragazzo, non lo conosco benissimo, ma insomma, è in quarta superiore e sono quattro anni che viene preso per il culo dai suoi compagni di classe.
Ecco, io a loro invece voglio dire un'altra cosa: mi fate schifo.
Non me ne fotte un cazzo se i vostri genitori sono separati o se quando avevate due mesi v'è morto il pesce rosso, stiamo male tutti, la vita è una merda, questo ce lo insegnano da sempre, ma questo non vi giustifica.
Siete degli assassini, e basta. E mi fate schifo. Non importa se poi quello non si uccide fisicamente - o meglio, importa, certo che importa, cazzo, ma capitemi -, voi lo avete ammazzato lo stesso. Non sarà mai più lo stesso, e io mi chiedo solo con che cazzo di coraggio vi guardiate ancora allo specchio, ce ne vuole di fegato. 
Ah, e un'ultima cosa.
Se assistite ad una qualsiasi forma di bullismo e state zitti, be', siete bulli anche voi, guardate qualche riga sopra.



Ho finito la predica. Detto questo, ho freddo, mi scappa la pipì e non ho voglia di andare in bagno. Un classico.

gennaio 05, 2013

Shut up and take my hand.

I pomeriggi passati al mare con il salmastro ad aprirmi i bronchi e le tue dita a giocherellare con le mie caviglie, il tuo naso immerso nei miei capelli e la tua felpa addosso - quel cappotto non mi sembra caldo, mettiti anche questa.
Gli altri ridono e tu mi abbracci, prometti di scaldarmi e portarmi ovunque io voglia - anche in Norvegia, anzi, soprattutto in Norvegia.
Ci facciamo foto insieme perché tu dici che insieme siamo più belli, io ti dico che quello bello sei tu e tu ridi prendendo in giro i miei occhi grandi ma inefficienti, giuri di non aver mai visto nessun'altra bella quanto me anche struccata e che quando avrai la macchina sarò la prima a salirci, dico che non mi piace fare da cavia e tu ridi e mi chiami scema e penso che mi piaci un sacco anche se non te lo dico, ci vediamo più tardi, quando esco dall'Esselunga ti chiamo, cia'.