febbraio 25, 2011

E domani porto Pessoa.

Ci sono persone che, qualsiasi cosa tu chieda, non ti rispondono mai.
Io preso tutto da babbo, che quando fai una domanda troppo personale te lo fa capire con uno sguardo che ti fa sentire una merda -anche se in realtà la domanda era più che legittima- oppure tira su le sopracciglia e dice "Sei scema?", come me che alla domanda 'Come stai?' rispondo "Seduta", che sa tanto del "Eh, siam qui" del vecchio incontrato sulle panchine di marmo della piazza dove vado praticamente ogni giorno, quello seduto accanto alla fontanella d'acqua potabile che spruzza strano -quella dove mi bagno sempre- che quando mi son fermata lì accanto mercoledì m'ha chiesto "Ma ve li siete dimenticati, voi giovani, i Beatles?", e poi casualmente m'è suonato il cellulare e s'è sentito Hey Jude, don't make it bad, take a sad song and make it better... e lui mi ha guardato e m'ha rivolto il sorriso più bello che io abbia mai visto, sdentato ma bianco, con gli occhi luminosi pieni di una felicità profumata, antica, vissuta, e di immagini e amici e amori e dolori e pensieri tipici di chi sulla pelle ha migliaia di tatuaggi invisibili che si può solo cercare di leggere con un po' d'aiuto, ma che non saranno mai uguali a quelli di nessuno, perché ognuno si costruisce la sua, di vita. "Sei una ragazza in gamba, come quei quattro". Ed io i Beatles li ho citati pure nel tema il giorno dopo -e devo ancora capire come ho fatto a fare un tema di quattro pagine sulla politica e l'indifferenza con continui (continui!) riferimenti 'Strawberry fields forever'-.
Mia sorella stasera è triste, e la cosa mi fa venire una roba strana all'intestino, come se si fosse ristretto di colpo, e tutto perché la maestra stamattina l'ha fatta sentire come l'ultima delle idiote, e a niente è servito spiegarle che quella donna, se s'è comportata così, non vale niente, perché queste sono cose che ti s'incastrano in testa e non te le dimentichi più, mai più, e lei per sempre nella vita si ricorderà quell'esatto momento di questa mattina, lo so, e quando dimostrerà al mondo (a sé stessa) di poterla tranquillamente metter nel culo a tutti, lei penserà a questa cacchio di maestra di geografia, e penserà "Brutta troia, io quella mattina le colline te le ho dette alla perfezione, e le Murge, quel giorno, avresti dovuto mettertele in culo".
Babbo, quando l'ha raccontato (a fatica) a cena, non le ha detto niente, non una parola, niente, solo uno sguardo durato neanche un secondo che non lasciava trasparire niente, solo freddezza, il suo solito sguardo insomma, e mamma, quando poi la piccola è andata in camera a vedere la televisione, gli ha detto, tra i denti, quasi ringhiando -che se avesse potuto l'avrebbe ammazzato- "Eh, testa di cazzo, tua figlia è dall'inizio dell'anno che ha problemi con quella donna di merda, e stasera non voleva neanche mangiare. Continua a ignorarla, mi raccomando. Sei grande!", ed io mi sono chiesta, per un attimo, quando ho visto il suo sguardo smarrito -e secondo me si è chiesto Ma che ho fatto? e io gli avrei risposto Niente, pa', è quello il punto- se certe cose gliele diceva anche quando io sparivo in camera a leggere un libro. Se mamma gli diceva "Sei grande" con quel tono che farebbe sentire una merda chiunque anche quando all'ennesimo sguardo impenetrabile io mi nascondevo nel mio mondo fatto di parole in cui io, un padre, ce l'avevo, e non astratto.
Stasera mi hanno chiesto come sto in sette, ho risposto "Bene" a tutti.
Cinque m'han risposto "Oh, sono contenta/o!", una m'ha scritto "Sicura?" ed uno m'ha scritto "Se fossi lì t'abbraccerei". Sostanzialmente, cinque non hanno capito un cazzo -e va bene così-, una m'ha scocciato e uno m'ha fatto commuovere.
Che poi, io, un abbraccio, stasera che sto un po' così, che vorrei andare a letto e svegliarmi tra vent'anni, me lo prenderei volentieri.


E domani a scuola porto Pessoa, "Ho pena delle stelle".
La so benissimo, oggi in casa la dicevo meravigliosamente. Poi ho provato a dirla a mamma ed ho scoperto che io, in presenza di altri esseri umani, le poesie non le so recitare.
E la poesia contiene due domande retoriche a cui non so dare un tono a meno che io non sia completamente sola.
Sempre detto, io, che m'han comprato all'Ikea e m'hanno montato male perché le istruzioni erano in finlandese.

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