Mi piacerebbe ricordarti cos'è successo l'ultima volta che hai fatto così, il male che hai sentito, le notti che abbiamo speso, io e te, rispettivamente ad ascoltare ed a sfogarsi. Poi mi dico che magari tu non ci stai neanche pensando e che delle mie ansie non hai bisogno, e allora sto zitta. Sono ottimista e okay, ma nel frattempo faccio un po' di spazio per le tue confessioni, dentro, e preparo la spalla ad assorbire le tue lacrime, in caso servisse.
Mi piacerebbe dirti che io non sono più la stessa, e se son cambiata io è cambiato anche il nostro rapporto, anche se poi non lo so se son cambiata anch'io o se è cambiato solo il rapporto, perché ho il brutto difetto di non dire le cose, e macino macino macino, e alla fine arrivo a detestarti per quella discussione di un secolo fa, e tutte le cose che succedono adesso son conseguenze. Poi penso che non è vero che è cambiato il rapporto, sono solo nervosa, poi mi passa. Passa sempre. E se non passa lo lascio lì a marcire. Sai quanta differenza fa un po' di fango in più nella palude.
Mi piacerebbe prenderti da parte e dirti che sto male, che mi dà fastidio quando dici certe cose, quando fai certe cose, che quando mi sproni dicendo che devo trovarmi un rimpiazzo -non dici 'rimpiazzo', ma sai che è così- mi fai più male di quel che pensi, perché non solo il pensiero di un rimpiazzo mi distrugge, ma si aggiunge anche il sospetto, il pensiero, la consapevolezza che tu non m'hai mai capita, capita per niente. Poi penso che tu non lo fai di proposito, che sono io che son fatta così, che mi faccio far male da tutto, che son fatta come le bolle di sapone. Una statua di vetro. Incrinato, adesso.
Mi piacerebbe poter trovare il coraggio di darmi la possibilità di stare meglio affrontandoti, ma ti conosco, so che la permalosità è parte integrante di te, e sto zitta.
Perché non ti accorgi di niente?
Nessun commento:
Posta un commento