novembre 11, 2010

Candles.

Le luci che si spengono ed essere da sola nel buio che, se ci pensi, è un po' meglio che essere da soli nella luce.
L'attimo in cui non vedo niente, e poi gli occhi s'abituano e inizio a distinguere quantomeno le mie mani. Muovo le dita -c'hai mai pensato? chissà quante e quali meravigliose esplosioni di colori, quando dal cervello parton gli impulsi nervosi.
Due candele accese sul tavolo, chissà chi e quando le hanno accese. Magari mentre immaginavo un'esplosione blu-rossa-viola nella mia testa e poi giù per il braccio.
«Vado al contatore».
Sì, mamma, vai. Vai. Io sto qui con me e le candele.
«Non farti male».
Sì, mamma, sì. Non mi faccio male. Lo so che poi le cicatrici, sulla pelle, le vedi. Chissà perché. Chissà perché le altre no, intendo.
Il telefono suona. Come cazzo fa, se la luce non c'è?
E' il cellulare, e questo spiega tutto. Fatto sta che non rispondo. Non si sa mai. Il telefono suona. Nokia tune. Mi sa che è meglio se mi decido a cambiarla, 'sta suoneria.
Il telefono, le candele, il buio, io. In ordine. Telefono, candele, buio, io.
Che poi sa molto di film orror.
Ora sbuca l'uomo invisibile e mi fa 'bu'. Neanche a dirlo, l'uomo invisibile sarebbe lui. Neanche a dirlo, non mi farebbe paura.
Anzi.
Magari potrei anche farmi ridare il cuore, no? Ecco, sì, forse sarebbe carino.
«Un giorno mi restituirai tutto quello che di sei preso».
Mai successo ch'io parlassi da solo. Sto impazzendo.
Secondo me è colpa delle candele.
Un soffio. Il telefono non suona più.
Il buio, io. In ordine. Il buio, io.

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