Ciao pa', li hai dieci minuti? Conto di non rubartene di più, promesso, so che sei stanco.
Volevo dirti, per quel che vale, che non ti odio\detesto\quel che ti pare, anzi.
Credo tu sia la persona a cui ho perdonato più cose, fin'ora, ché non si tratta di passare sopra ai malumori di mamma, si tratta di convivere con assenze, silenzi, risposte mancate, urla e sguardi orribili (quelli che ti scuotono dentro, che ti fanno sentire irrimediabilmente sbagliato, come se il più grande errore della tua vita sia stato proprio quello di nascere, come se non esistesse al mondo più ignobile creatura di te) e nonostante tutto, ogni sera, quando torni a casa, sorridere.
Non è facile, te lo garantisco.
Vivere con te vuol dire sentirsi calpestare e non emettere neanche un mugolio di protesta, per non turbare l'equilibrio di te che, davvero, sei capace di demolirmi con una semplice occhiata.
Stasera hai fatto una delle tue solite scenate, quelle che hanno rovinato ogni sacrosanta uscita in famiglia dalla mia nascita ad ora; mamma era arrabbiatissima, io ti guardavo storto e basta.
Non per me, ba', lo sai, te l'ho appena detto, io te le perdono tutte, ma forse (non fraintendermi) a quarant'anni è il caso di crescere. Non puoi far finta d'aver male alla gamba quando vuoi tornare a casa, soprattutto se tornare a casa significa rovinare la serata all'altra tua figlia.
Hai presente quella bambina di dieci anni con i capelli lunghissimi che gira per casa e dorme con me? E' tua figlia, sì. So che per te è un concetto difficile da accettare, ché probabilmente ancora devi realizzare d'essere mio padre, ma di certo non farla mai contenta una volta non la farà certo diventare un'amante di suo padre.
Lei non è come me, lei non te le perdona. Io lo dico per te, in modo che tu possa comportarti di conseguenza. Lei ancora si ricorda di quella volta che voleva fare le montagne russe e tu le hai detto che non ce l'avresti portata perché con una bimba accanto non te le saresti godute, ed aveva tre anni, fa' i tuoi conti. Neanche io dimentico, ma ti perdono, lo sai.
Tutto questo per arrivare a dirti ciò che segue:
Il mio problema è che io cerco nell'altro sesso tutto quello che non sei tu.
Osservo i ragazzi cercandoti e, non appena ti trovo, li catalogo come persone che possono essere, al massimo, amici. Niente di più.
Credo questo derivi dal fatto che ascolto gli sfoghi di mamma da quando andavo all'asilo. So cosa significa essere moglie di un uomo come te e, fondamentalmente, so che nessun altro riuscirà a farsi perdonare con la tua stessa facilità dalla sottoscritta.
Ignoro il male che mi fai, ma sento bruciare fortissimo quando qualcuno cerca d'infliggermi le stesse ferite. Hai in te un sacco di difetti comune al resto del genere umano, ma ho sviluppato una sorta d'intolleranza. Capisci che la cosa risulta un po' problematica.
Ho pensato, stupidamente, una cosa.
Non è che, così, per caso, almeno una volta, senza fretta (magari prima ch'io entri in menopausa), potresti sorridermi? Giusto un po', eh, non chiedo molto.
Mi basta un accenno di sorriso quando entri, un "ciao", un "com'è andata la giornata", un briciolo -bastano davvero due minuti- d'attenzione a ciò che dico.
Così, tanto per darmi un segno che, nonostante tutto, ne vale la pena.
Scusa, forse t'ho rubato troppo tempo.
Buonanotte, a domani. Dormi bene.
Nessun commento:
Posta un commento