luglio 17, 2011

Don't go and leave me, and please don't drive me blind.

La fame chimica che mi prende in questi (sempre più) frequenti momenti in cui ti penso mi confonde. Quasi quasi non so neanche cosa mangiare, poco abituata come sono a spuntini pomeridiani o comunque fuori pasto, ma non importa.
Pensavo a quella volta di (fin troppo) tempo fa, quando siamo andati a festeggiare il nostro non-compleanno (non abbastanza) lontano, e tu indossavi quella maglietta verde che mi piaceva un sacco, quella con scritto 'Nothing ever changes', quella che ti avevano regalato e che A. e L. hanno uguale, ma rispettivamente azzurra e arancione. Ridevi tanto, e ogni volta chiudevi gli occhi e portavi una mano -solitamente la destra- alla nuca, e ricordo che quel giorno particolare ridevamo tanto parlando di strani uomini con la barba, ed io ti chiedevo come mai una persona dovrebbe nascondere così tanto il viso, e tu mi rispondevi che forse non era il viso che volevano nascondere. L'ho capito in seguito, tant'è che la mia frangia nasconde quasi tutto, adesso.
A giugno di due anni fa ti ho pregato di non andartene, di non lasciarmi sola, di non farlo mai, io mica sono capace, mi rovescio come un vaso pieno di biglie, e la tua semplice risposta un po' troppo poetica è stata 'Sono ovunque tu mi voglia'.
Razza di bugiardo, io ti voglio qui, ma tu non ci sei.
Prima scaldavo un panino in forno e parlavo da sola, lamentandomi del fatto che le sigarette finiscono troppo presto, ultimamente, e a chiunque faccia il sarcastico chiedendomi dove vadano rispondo con ovvietà che vanno dritte dritte nei miei polmoni. Eri bello anche tu quando fumavi e mi dicevi 'Tu inizia solo se ne senti il bisogno', buttavi fuori il fumo e mi facevi ridere formando cerchi concentrici che io non sono mai riuscita a fare. Mi è sembrato quasi di sentirti ridacchiare, mentre mi aggiravo disperata per la cucina alla ricerca di una stupida presina, come quella volta che a casa tua abbiamo cotto le pizze e rischiavamo di bruciarle, così abbiamo preferito bruciarci le mani con le teglie. Sento ancora le tue labbra sui polpastrelli, amore.
Mamma ha come sempre uno strano modo di relazionarsi alle mie giornate no, quelle in cui sto sdraiata sul letto lasciando uscire in silenzio lacrime che neanche m'arrossano gli occhi, ascoltando la musica a volume bassissimo con le labbra dischiuse, (aspettandoti): esce da casa sbattendo la porta dopo avermi detto che sono sempre "La solita stronza", sembra quasi il nome di un film, non trovi? Ora però lo sa, lo sa che spesso ti penso ed altrettando spesso mi passa la voglia di fare tutto, vorrei solo il silenzio, non chiedo la comprensione, chiedo solo di non infierire, ecco.
Il mio telefono non lampeggia mai per causa tua, però penso spesso a quanto sarebbe bello leggere di nuovo tutti i messaggi che mi mandavi e che sono andati persi (come noi).
Mi manchi tanto, mi fa pure male la schiena, ora quasi quasi mi scaldo un altro panino.
Sii felice, cia'.

Ah, se per caso dovessi sognarti... non salutarmi quando te ne vai, per favore, e se proprio devi farlo dimmi 'arrivederci'. So che quello di cui avrei bisogno è realizzare finalmente che le cose sono cambiate e mi devo adattare, ma sembra ieri che stavamo ridendo in mezzo a tutti quei fiori gialli, e ora sono rimasta solo io a crescere ed invecchiare, spero tu non abbia il coraggio di dirmi che è giusto così, quindi tutto quello che ti chiedo stasera è di non salutarmi, preferirei un "Ti ricordi quella volta, a dicembre, che ci siamo scritti sulle braccia che niente sarebbe finito mai, specialmente noi? Non sei l'unica a chiedersi perché non è potuto durare tutto un po' di più". So cosa bisogna dire, amore, ma non dirmelo stanotte, per favore. Anzi, se devi dirmi 'addio' non dire proprio niente.

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