Son qui che ascolto i Nickelback, non so bene perché io stia ascoltando proprio loro che mi fan ricordare un sacco di cose che a mezzanotte e un quarto sarebbe piuttosto meglio tentare di dimenticare, però la voce di Chad è dolce mentre mi si bagnano le guance.
Stasera sono tanto triste.
Settecentodiciotto giorni; è passata la mezzanotte quindi settecentodiciannove.
Ho il tuo quaderno qui accanto a me, dicevi che i miei occhi sono belli e che quando hai letto per la prima volta delle labbra di Jun hai pensato alle mie, io non credo di avere una bella bocca, ma sostanzialmente tu di me trov(av)i belle tante cose che io detesto, come il mio naso o le mie mani, quindi mi pare pure assurdo stare a disquisirne ancora, soprattutto dal momento che tu queste righe non le leggi, figuriamoci.
Ho ancora da capire perché io ti scriva, anche se la risposta forse sta tutta nel fatto che 'scrivere a qualcuno è l'unico modo di aspettarlo senza farsi male' e io anche se mi dico di no forse ancora un po' ti sto aspettando, non ci voglio pensare al fatto che tu non torni più, mai più, neanche per sbaglio, neanche se il treno deve fare una fermata imprevista; non ci voglio pensare al fatto che io di treni posso prenderne quanti me ne pare ma di fatto da te non ci arriverò mai -maimaimai- e neanche riuscirò a scappare da questo soffocante bisogno di te che mi fa dolere le ossa tutte e non mi lascia scampo alcuno.
Vomito parole con le stesse modalità con cui l'anno scorso di questi tempi stavo vomitando l'anima per quella dannata ansia mista a dolore e paura e vergogna che m'ha corroso le pareti dello stomaco, e non so bene se io lo stia facendo perché ero in astinenza da tastiera o se perché proprio ho questo effettivo bisogno di sfogarmi, fatto sta che è mezzanotte e venticinque ed io domattina alle otto e mezza devo essere a far lo stage e sarebbe carino non andarci con l'aria da zombie, ma non m'importa, tu neanche mi vedi.
Quest'aria da emo depressa vorrei togliermela di dosso, ma è proprio più forte di me, mi torni in mente all'improvviso e non posso far altro che chiedermi se ho mai vissuto altri istanti oltre a quell'esatto momento in cui ho realmente appreso che tu te n'eri andato senza possibilità di ritorno, come quando si spegne il computer e perdi interi documenti di word e conversazioni di messenger, 'ciao e vaffanculo'.
Prendo tanti caffè, ultimamente anche al ginseng perché ha il sapore di quell'affare che bevevo sempre a casa tua e di cui non ricordo il nome, anche perché me lo preparavi sempre tu ed io non mi premuravo di far altro che ringraziarti. Sembra che io cambi le mie abitudini e vada avanti, quando la realtà è solo che sto tornando indietro perché è il sette giugno e tu mi manchi tanto, magari un giorno andrò in stazione e prenderò un treno a caso e magai mi troverò in una città deserta che non profuma di te, e scoprirò che la tua mancanza è un prezzo che posso pagare purché io possa ricordarti.
Non te ne andare, non te ne andare, non lasciarmi andare, per favore, non te l'ho potuto dire ma adesso ascoltami, non te ne andare, non voglio che tu mi manchi anche stanotte, divento tutta rossa quando piango e poi mi viene pure mal di collo, facciamo che tu non te ne vai e io bevo un po' meno caffè, mi c'impegno, te lo giuro.
Quando ti guardi allo specchio e ti accorgi che sei vecchio.
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