agosto 29, 2010

Because of you.

I watched you die, I heard you cry every night in your sleep
I was so young, you should have known better than to lean on me
You never thought of anyone else, you just saw your pain
And now I cry in the middle of the night for the same damn things.

Erano mesi, che non sentivo di nuovo mia questa canzone.
Mesi, e non perché tutto filasse liscio, ma perché avevo trovato il modo di farmele scivolare addosso, queste parole d'odio che volano, sempre, continuamente, ogni giorno, ogni minuto, anche nel silenzio, perché volano, sempre, anche quando in realtà non lo fanno, perché basta uno sguardo e loro escono, senza che nessuno le abbia pronunciate.
Mesi che pensavo a me, che facevo l'egoista, che mi sentivo dare dell'egoista, perché è più facile, così; perché fa meno male, così; perché non sentivo, così.
E invece oggi fine della pacchia, perché oggi sento tutto, vedo tutto, mi faccio colpire da tutto.
E non vorrei, ma queste parole volano dall'uno all'altro e io sono qui, in mezzo, e le parole colpiscono anche me, e quell'antico senso di colpa torna, prepotente, perché non c'è più chi l'aveva scacciato.
Non lo so, non lo so più cosa devo fare.
Mi sono talmente abituata a non ascoltare, per qualche mese soltanto, che però è bastato a perdere il callo che c'avevo fatto in quindici anni, che adesso non so più cosa fare, cosa guardare, cosa pensare, cosa pensare.
E cerco, qui, in questa canzone, questa canzone mia, questa canzone che già m'aveva catturato, quando ero piccola, quando ancora non sapevo neanche cosa dicesse, ma già lo sentivo, da qualche parte, in qualche modo, che m'apparteneva, dicevo, cerco in questa canzone una risposta. Una qualsiasi. Una che magari non trovo da sola.

I cannot cry, because I know that's weakness in your eyes
I'm forced to fake a smile, a laugh everyday of my life
My heart can't possibly break when it wasn't even whole to start with


E' questo? ...fingere?

Ma porca paletta.

Con tutta 'sta gente che esprime pareri contrastanti -ma di brutto- su di me, inizio a chiedermi se magari io vivo lontano da me stessa, e non mi vedo e non mi sento e non mi capisco; non so se mi spiego.
Cioè, cacchio, tu mi vieni a dire che sono una persona socievole quando, tendenzialmente, ho così paura di fare figure di merda con le persone che per le prime due/tre volte passo pure per rimbambita perché arrossisco per ogni cacchiata e non faccio frasi più lunghe della classica costruzione ' soggetto - verbo - complemento oggetto - massì, mettiamoci pure un complemento di specificazione '. Poi mi apro, divento la classica demente -cacchio, cioè, due frasi e mi sono offesa in venti modi diversi. all'anima, mi voglio bene, vè?- che ride sempre, sdrammatizza su tutto, fa battute, e tu mi vieni a dire che ho tendenze sociofobiche.
Voglio dire, o tu mi stai prendendo per il culo, oppure son io che ti ci mando a te, a prendertela nel culo, eccheccavolo.
Poi, capperi, e non posso far niente che TAC!, etichetta.
Tiro fuori un libro dalla mia giga-borsa perennemente vuota, e io allora sono una ragazzina studiosa che non fa nient'altro che leggere.
Mi vesto di nero, perché mi gira, e allora son dark.
Mi faccio la frangia di lato, e allora sono emo.
..Ma cazzi tuoi?
Che poi, se io sono a un matrimonio con mamma e babbo, e uno mi dice "Sei uguale al tu' babbo", e un secondo dopo vado a prendermi l'aperitivo e l'altra salta su "Sei uguale a tua mamma", e poi se ne esce il vecchio amico di famiglia "Ma pporca miseria, sei uguale alla tu' nonna". E cazzo, decidetevi, mi state facendo venire una crisi d'identità, orco Shrek.
"Ma tu mi pare bevi un po' troppi caffè". Sì, e allora? Ti cambia la vita? Al massimo mi viene un infarto, capirai.
"Ma come mai tu sei qui e non sei in giro per ragazzi?". Perché i ragazzi mi stanno facendo venir la gastrite, tra tutti. E quello che mi ama, e poi non è vero e voleva solo una cosa e io non gliel'ho data e s'è messo con 'na vacca -ma stacci, con la vacca. cioè, voglio dire, cazzi tuoi-, e quello che non c'è, ché è lontano, e me lo devo dimenticare e prima o poi ce la faccio, me lo son promesso, e quello che mi fa le dichiarazioni ma per me è un fratello e mi sento 'na merda. E poi, no, per dire, te lo dico anche a te, cazzi tuoi?
"Oh, tu sei tutta rossa! Sei timida?" No, arrossisco perché mi voglio mimetizzare tra i gamberoni.
"Ma gguarda hom'è bellina, s'è fatta proprio bella!" ..no, okay, questo è un complimento. Anche se il ' s'è fatta proprio bellina ' potrebbe essere inteso come ' prima non lo eri '. Mi sa che è per quello che l'ho guardato male. Boh.
E poi "Ma hai i capelli neri?" Eh, direi, bionda di certo non sono. "Ma.. hai gli occhi azzurri! Cioè, con i capelli neri?" No, no, ti sbagli. E' che è buio, no? Cioè. "Ma che pelle bianche tu c'hai" E' per abbronzarmi meglio (?).
Sì, okay, odio i matrimoni.
E odio la gente che mi mette al centro di una stanza e comincia a parlare di me, perché poi tutti mi guardano e mi prende l'ansia e divento rossa e non sento più niente e devo scappare in un angolino e giù, vai, trinca, beva'. Tanto poi sui tacchi che m'han costretto a mettermi ci devo camminare io.
E sì, soprattutto odio me.
Soprattutto quando bevo troppo, perché divento acida stronza cinica e m'incazzo col mondo, per qualsiasi cosa.
*leggere sopra per conferma .___.*




Sì, stasera ho lo scazzo. Forgive me.

Semplice e concisa.

Chi dice che chi fa da sé fa per tre, che l'essere umano sta bene anche da solo, e tutte 'ste grandissime cazzate, non ha mai capito un cazzo. Punto.
O forse sono io che non ho ancora capito un cazzo.

..eh, mi sa che è più probabile la seconda.

agosto 26, 2010

fuck you #1

Mi fanno ridere, ma ridere davvero, quei ragazzi che quando capiscono che non gliela dai ti lasciano con la scusa del ' Non sono pronto per una relazione seria ', fortemente convinti che noi siamo idiote quanto loro e non c'arriviamo, che è solo perché non gliela dai, no?, e poi il giorno dopo stanno con la troia di turno che sì, gliela dà, ma mica solo a loro.
Eh eh, cosa volevi ciccio? La troia seria?
Ma va' a cagare, vai.

agosto 24, 2010

Time passes by.

Succede così.
Tu ti fermi e, improvvisamente, realizzi che il tempo passa.
E, voglio dire, non è che sei stupido, non è che non l'hai mai saputo prima, perché, insomma, a nonna sono spuntati i capelli bianchi e tu hai festeggiato tanti compleanni e sei già in terza liceo -più o meno- e, voglio dire, che il tempo passa lo sanno tutti. Però, un conto è saperlo, e un conto è capirlo.
Io non l'ho mai capito prima.
Io mi sono fermata, stasera, e ho visto che parlavo di cose da grandi, e che gli alcolici me li vendono, e che lui è tanto che ormai non c'è più, e che ho l'età per la moto, e che zia mi dice se posso fare da baby-sitter alla bimba, e che al bar m'han dato del lei e m'han chiamato signora, e che alla gelateria se chiedi il puffo ti danno della scema, e che nonna, tornata a casa, mi ha detto che se fumo non c'è niente di male, che ormai sono grande, e allora, cazzo, il tempo passa davvero.
Ma, la domanda è, solo io ho paura?
A voi non mette ansia, questa cosa del tempo che passa?
Cioè, passa. Ti rendi conto? Passa, e non si ferma, non ti aspetta.
Capirlo, ma capirlo davvero, è stata una doccia fredda.
La bambina che ho dentro è paralizzata dalla paura.
Il tempo che passa è il mio uomo nero, che poi non mi ha mai fatto paura.
Ma il tempo sì. Il tempo mi fa paura.
Io ho paura.

agosto 23, 2010

qualche cosa di perfetto che poi è cambiato.

Voglio uno di quegli amori che non finisce mai, ma se mai dovesse finire mi piacerebbe che fosse lentamente e senza motivo.
E ci accorgeremo che è tutto finito, che stare insieme è inutile, ma non sapremo come dircelo, e allora continueremo a stare insieme finché uno dei due -lui, non io, sicuramente- non troverà il coraggio di liberarsi dell'amaro in bocca, del passato, del nostro amore perfetto ma finito, così, senza che sia colpa di nessuno. E allora senza piangere, impassibili solo all'esterno, perché dentro ci sentiremo morire, perché la nostra anima sarà gelata, perché troppo orgogliosi per far vedere che alla fine stare insieme ci piaceva, almeno un po', un pochino soltanto, e dicevo, con questa maschera d'indifferenza ci diremo che tutto è finito, tra di noi, e magari io chiederò anche 'Dai, aspettiamo, anche poco, anche solo un minuto, perché?' e lui dirà che è inutile, che lo so anche io, e io dirò che è vero, che lo so anche io, e allora ciao.
Però, ecco, farà male, ma voglio che sia così.
Voglio che non sia colpa sua, e che non sia colpa mia.
Voglio che sia così e basta.

agosto 19, 2010

Cit.

Così, d'improvviso, Novecento divenne orfano per la seconda volta. Aveva otto anni e si era già fatto indietro dall'Europa all'America una cinquantina di volte.
L'Oceano era casa sua. E quanto alla terra, be', non ci aveva mai messo piede. L'aveva vista, dai porti, certo. Ma sceso, mai. Il fatto è che Danny aveva paura che glielo portassero via, con qualche storia di documenti e visti e cose del genere. Così Novecento rimaneva a bordo, sempre, e poi a un certo punto si ripartiva. A voler essere precisi, Novecento nemmeno esisteva, per il mondo: non c'era città, parrocchia, ospedale, galera, squadra di baseball che avesse scritto da qualche parte il suo nome. Non aveva patria, non aveva data di nascita, non aveva famiglia.
Aveva otto anni: ma ufficialmente non era mai nato.
"Non potrà continuare a lungo questa storia" dicevano ogni tanto a Danny. "Oltre tutto è anche contro la legge". Ma Danny aveva una risposta che non faceva una piega: "In culo alla legge" diceva. Non è che si potesse discutere gran che, con quella partenza.
Quando arrivarono a Southampton, alla fine del viaggio in cui Danny morì, il capitano decise che era ora di farla finita con quella recita. Chiamò le autorità portuali e disse al suo vice che gli andasse a prendere Novecento.
Be', non lo trovò mai.
Lo cercarono per tutta la nave, per due giorni. Niente. Era sparito.
Non andava giù a nessuno, quella storia, perché insomma, lì sul Virginian, si erano abituati a quel ragazzino, e nessuno osava dirlo, ma.. ci vuole poco a buttarsi giù dalla murata e.. poi il mare fa quello che vuole, e.. Così c'avevano la morte nel cuore quando ventidue giorni dopo ripartirono per Rio de Janeiro, senza che Novecento fosse tornato, o che si fosse saputo qualcosa di lui.Stelle filanti e sirene e fuochi d'artificio, alla partenza, come tutte le volte, ma era diverso, quella volta, stavano per perdere Novecento, ed era per sempre, qualcosa gli rosicchiava il sorriso, a tutti, e gli mordeva dentro.
La seconda notte di viaggio, che non si vedevano nemmeno più le luci della costa irlandese, Barry, il nostromo, entrò come un pazzo nella cabina del comandante, svegliandolo e dicendogli che doveva assolutamente venire a vedere. Il comandante bestemmiò, ma poi andò.
Salone da ballo della prima classe.
Luci spente.
Gente in pigiama, in piedi, all'ingresso. Passeggeri usciti dalla cabina.
E poi marinai, e tre tutti neri saliti dalla sala macchine, e anche Truman, il marconista.
Tutti in silenzio, a guardare.
Novecento.
Stava seduto sul seggiolino del pianoforte, con le gambe che penzolavano giù, non toccavano nemmeno per terra.
E,
com'è vero Iddio,
stava suonando.


Suonava non so che diavolo di musica, ma piccola e.. bella. Non c'era trucco, era proprio lui, a suonare, le sue mani, su quei tasti, dio sa come. E bisognava sentire cosa gli veniva fuori. C'era una signora, in vestaglia, rosa, e certe pinzette nei capelli.. una piena di soldi, per capirsi, la moglie americana di un assicuratore. Be', aveva dei lacrimoni così che le scendevano sulla crema da notte, guardava e piangeve, non la smetteva più. Quando si trovò il comandante di fianco, bollito dalla sorpresa, lui, letteralmente bollito, quando se lo trovò di fianco, tirò su col naso, la riccona dico, tirò su col naso e indicando il pianoforte gli chiese:
"Come si chiama?".
"Novecento."
"Non la canzone, il bambino."
"Novecento."
"Come la canzone?"
Era quel genere di concersazione che un comandante di marina non può sostenere più di quattro cinque battute. Soprattutto quando ha appena scoperto che un bambino che credeva morto non solo era vivo ma, nel frattempo, aveva anche imparato a suonare il pianoforte. Piantò la riccona lì dov'era, con le sue lacrime e tutto il resto, e attraversò a passi decisi il salone: pantaloni del pigiama e giacca della divisa non abbottonata. Si fermò solo quando arrivò al pianoforte. Avrebbe voluto dire molte cose, in quel momento, e tra le altre "Dove cazzo hai imparato?", o anche "Dove diavolo ti eri nascosto?". Però, come tanti uomini abituati a vivere in divisa, aveva finito per pensare, anche, in divisa. Così quel che disse fu:
"Novecento, tutto questo è assolutamente contrario al regolamento".
Novecento smise di suonare. Era un ragazzino di poche parole e di grandi capacità di apprendimento. Guardò con dolcezza il comandante e disse:
"In culo il regolamento".


- "Novecento", Alessandro Baricco.
(follemente innamorata di Alessandro Baricco e di Novento, libro e personaggio)

agosto 17, 2010

I think.

Penso che molte delle ragazzine che dicono di amare Shakespeare lo dicano solo perché fa figo; se tu ami Will nn scrv coshì, punto.
Penso che il miglior amico dell'uomo sia l'uomo, e che quella del cane sia solo una cosa che ci raccontiamo da anni per sentirci meno soli.
Penso che leggere e scrivere siano due attività altamente terapeutiche, e che ci si possa sfogare scrivendo molto più di quanto non si possa fare correndo o riempiendo di pugni un sacco da boxe.
Penso che si faccia presto a definire qualcuno o qualcosa "Strano" o "Anormale", ma che alla fine stranezza e anormalità rappresentino solo quello che non fa parte della nostra quotidianità, ma che alla fine fanno parte di quella di qualcun altro.
Penso che giudicare sia una cosa stupida, ma che poi alla fin fine è ciò che facciamo tutti, consapevolmente o no.
Penso che la coerenza sia una cosa fondamentale, ma nutro seri dubbi sul fatto di esserlo, alla fine, visto che dico di star bene e un attimo dopo scoppio a piangere, oppure visto che dico che quel tizio non mi piace e poi appena prova a baciarmi ricambio senza ritegno.
Penso che sia importante dire la verità sempre e comunque, anche se fa male, ma poi dico sempre bugie a fin di bene per non far soffrire gli altri.
Penso che si faccia presto a promettere, ma che alla fine nessuno quando ne hai bisogno c'è davvero.
Penso che sia bellissimo vedere l'amore in giro, ma che stare al bar con gli amici e vedere una coppietta che slinguazza senza ritegno in mezzo alla strada sia una cosa umiliante.
Penso che la religione sia una forma d'isteria di massa con varie sottocategorie suddivise in "Cattolicesimo", "Islam", "Induismo", e blablabla a seconda della patologia.
Penso che la musica sia una droga perché, come tutte le droghe, può uccidere, anche se alla fine non ho mai sentito un drogato lamentarsi della sua dose, o dei suoi effetti.
Penso che avere un blog sia un'ottima cosa, perché posso ciarlare senza che nessuno ribatta cose tipo "Ma sei scema?", ma a volte sentirmi costretta a farlo qui perché so che nessuno reagirebbe diversamente mi fa sentire sola.
Penso che la rabbia sia una cosa irrazionale, ma che esiste e punto, basta, ci si arrabbia, e che non tutto si può razionalizzare.
Penso che la gente non capisca un cazzo, ma che alla fine la gente siamo noi e nessuno capisce niente degli altri.
Penso che il silenzio sia una cosa meravigliosa, ma solo quando sai d'aver qualcuno a cui raccontare ciò che t'ha detto, altrimenti opprime.
Penso che le parole che sono in grado di distruggere completamente l'anima siano quelle non dette.
Penso che quando muore la persona che ami muori anche tu, e che tutto il resto della tua esistenza non sia degna d'esser chiamata vita; da quel momento in poi, tu, vegeti,non vivi.
Penso che galli e galline siano animali tendenzialmente psicopatici e violenti, e che i ragni tramino in segreto di conquistare il mondo ed estinguere la razza umana e, per quanto io odi la mia razza, non mi piacerebbe che lo scettro cadesse in mano proprio ai ragni, ecco; e sì, penso anche di avere strani pensieri.
Penso che il caffè sia la cosa più buona del mondo e che una buona tazza di quel liquido nero potrebbe mettere d'accordo chiunque.
Penso che la televisione prima o poi ci ridurrà ad una massa di imbecilli senza cervello, ma che Zelig è davvero divertente e non me ne sono mai persa una puntata.
Penso che evitare d'affrontare le cose sia inutile e dannoso, ma lo faccio ogni volta perché altrimenti fa troppo male.
Penso che siamo tutti dei grandissimi bugiardi, ma che alla fine ci sono bugie e bugie, e questa è l'insulsa giustificazione che ci diamo per non dover fare i conti con la nostra coscienza.
Penso che ciò che penso io non sia un'inconfutabile verità, ma è quel che penso e lo rispetto, senza cambiare idea solo perché lo dice qualcun altro.
Penso che ci sia qualcosa di più grande, sopra di noi, non inteso come l'esistenza di un Dio onnipotente quanto di creature più grandi che ci studiano come noi studiamo i protozoi.
Penso che esistano fantasmi, angeli, spiriti e blablabla, e infatti non giro nuda neanche per casa.
Penso che io pensi tante cazzate.
Penso che non smetterò.

agosto 13, 2010

Greet the moon, baby. He always used to do it.

Una volta mi è stato detto che bisogna aggrapparsi ai propri sogni e non lasciarli mai andare, che così come un naufrago che si aggrappa a uno scoglio per non affogare, gli uomini devono aggrapparsi ai sogni per non essere uccisi dalla realtà.
E stasera guardo il cielo come ogni dannato istante della mia vita, e fisso la luna e non me ne frega un cazzo se sembro stupida, le parlo.
Quanti amanti hai invidiato, Luna? Quante madri avresti voluto consolare, mentre la loro unica opportunità era quella di rinunciare a tutto, per il bene dei loro bambini? A quanti uomini avresti voluto offrire riparo? Quanti adolescenti che stavano sprecando la loro vita avresti voluto prendere a schiaffi? Quanti bambini hai visto nascere, Luna? Quante volte sei stata costretta a tramontare per lasciare posto al sole? Quanto soffri, Luna? Quanto le invidi tutte quelle stelle che ti circondano? Quanto preghi, ogni notte, ogni giorno, affinché anche tu possa brillare di luce tua?
Ma non crucciarti, sai, Luna? Rimani sempre tu la mia preferita. Sei sempre tu quella che cerco ogni sera, sei sempre tu quella che da piccola mi faceva sorridere, e, ti ricordi?, dicevo sempre "Mamma, guarda! La luna ci segue, guarda! E sorride, mamma, la vedi? La luna mi sorride, mamma, guarda!" e ti ricordi, poi, quando c'è stato il periodo in cui il tuo sorriso lo cercavo disperatamente, perché mamma non mi sorrideva più? Ricordi luna quanto t'ho assillata, chiedendoti perché, cos'avevo sbagliato, "Sono una bambina cattiva? Che ho fatto di male, luna mia? Studio sempre, non faccio i capricci, mangio tutte le verdure, anche i carciofi, che mi fanno schifo. Perché mamma non mi sorride?".
Cavoli, m'hai sempre dovuta sopportare, non è vero luna? Poi ho smesso, però, non è vero?
Ho smesso di assillarti, di parlare, di chiederti "Perché", tanto non esiste un perché a certe cose. Però, sai?, stasera, luna, voglio tornare un po' bambina, ti dispiace? Una sera soltanto, promesso. Posso affidarti un desiderio? Niente stelle, di loro non mi fido. Ce ne sono troppe, di stelle, se l'affidassi ad una di loro e quella si spengesse neanche me ne accorgerei, e vivrei con l'illusione che quella lo stia ancora conservando quando in realtà è andato perduto da un pezzo.
Mio amato satellite, custodisci il mio segreto, ti prego.
E' che io vorrei un sorriso, lo sai? E il tuo mi va benissimo, non pensar male, altrimenti non sarei ancora qui, non trovi? E' che io voglio qualcuno che mi venga davanti e mi sorrida, e invece no. Perché chiamami stupida, ma mi sento estranea al mondo. Mi sento terribilmente sola, e le telefonate e le uscite non mi bastano, okay?
Dio, Luna, ti invidio. Tu vedi tutto da lì, non è vero? E allora dimmi luna, lo vedi il mio cuore? Dov'è? Dov'è la mia vita, la mia anima? Sta bene? E' felice?
Salutamelo, ti prego. Prenditi cura di lui, perché è lui il mio sogno, capisci?
Lo affido a te, niente stelle, a te e te soltanto affido il mio sogno più grande, d'accordo?
E' un dono, eh. Prendilo come tale, non come una responsabilità. E' una tale meraviglia, luna.. ti renderà felice, ti terrà compagnia e ti farà sentire terribilmente meglio, perché è così straordinario, lui.. e non lo dico per vantarmi, ma, sai?, lui era mio, e forse, chissà, lo è ancora. Ci pensi?
Ti fa di quei doni, a volte, la vita.. sembra quasi impossibile.
Scusa, se sospiro, ma è un po' la nostalgia.
E poi, vorrei tanto dormire, sai? Massì che lo sai. Il fatto è che non ce la faccio.
C'è Morfeo, da quelle parti? Se lo vedi potresti ricordargli della mia esistenza? Ricordagli che ho finito i sogni, da un pezzo, pure. Digli se, per favore, potrebbe portarmene almeno un altro.
Uno solo, non ne voglio un centinaio.
Un solo sogno a cui aggrapparmi, Luna, ti prego.
Sto naufragando, capisci? Ho bisogno di un appiglio, un sogno a cui aggrapparmi, sto affogando. Annaspo, annaspo, annaspo, e mai una volta che i miei polmoni riescano a raccimolare una sola molecola d'ossigeno. Pensaci tu, luna, ché tu m'hai vista ridere e crescere e piangere, non voglio che tu mi veda appassire.
Dì a Morfeo che lo aspetto qui, che io intanto continuo a muovere le gambe e le braccia, ma il mare è in tempesta ed io inizio ad essere stanca.
Ora ti saluto. Un bacio, luna.
Lui te lo mandava sempre, ricordi?

what a shame.

Basta, okay? Basta.
Sono stanca, sono stanca di tutto, di tutti. E no, non è un eufemismo.
Cruda semplice e scomoda realtà; non vi sopporto più.
Sono stanca, okay? Capita, credo, ed anche se agli altri non capita, pace. Capita a me.
Sono.. non lo so.
Voglio dormire, voglio addormentarmi adesso e dormire per trent'anni di fila, svegliarmi, vivere un giorno e tornare a dormire di nuovo.
Voglio campare di sogni, okay? E non quelli ad occhi aperti, perché quelli sono troppo fragili. Basta niente e puf, fine, basta, sei sveglio. No, io voglio dormire e sognare per tutta una vita, e poi voglio morire nel sonno.
Che schifo.
Quando la tua più grande aspettativa è questa, lanciati giù da una rupe canticchiando "Rotola.. rotolaa..". Mi faccio schifo da sola.
Sai che culo.
Vergognati, M., vergognati.

agosto 10, 2010

I dreamt it. wow.

E quando verrà la tristezza che odio a bussare alla tua porta, dille che io ti attendo.
E quando la solitudine vorrà che cambi l'anello in cui sta scritto il mio nome, dì alla solitudine che parli con me, ché io dovetti andarmene perché sono un soldato, e che là dove sono, sotto la pioggia o sotto il fuoco, amor mio t'attendo, t'attendo nel deserto più duro e presso il limone fiorito; in ogni parte dove sia la vita, dove la primavera sta nascendo, amor mio t'attendo.
Quando ti diranno “Quell'uomo non t'ama”, ricorda che i miei piedi son soli in quella notte, e cercano i dolci tuoi piedi che adoro.
Amore, quando ti diranno che t'ho dimenticata, e anche se sarò io a dirlo, quando io te lo dirò, non credermi: chi e come potrebbe reciderti dal mio petto, e chi raccoglierebbe il mio sangue quando verso di te m'andassi dissanguando?
[…]
Anche il tuo amore m'aiuta: è un fiore chiuso che ogni volta mi empie del suo aroma e che s'apre d'improvviso dentro di me come una grande stella.
Amore mio, è notte.
L'acqua nera, il mondo addormentato mi circondano.
Poi verrà l'aurora, e nel frattempo io ti scrivo per dirti “Ti amo”.
Per dirti Ti amo, cura, pulisci, innalza, difendi il nostro amore, anima mia.
Io te lo lascio come se lasciassi un pugno di terra con semi.
Dal nostro amore nasceranno vite.
Nel nostro amore berranno acqua.
Forse arriverà un giorno in cui un uomo e una donna, uguali a noi, toccheranno questo amore, e ancora avrà forza per bruciare le mani che lo toccheranno.
Chi fummo? Che importa?
Toccheranno questo fuoco, e il fuoco, dolce mia, dirà il tuo semplice nome e il mio, il nome che tu sola sapesti, perché tu sola sulla terra sai chi sono, e perché nessuno mi conobbe come una, come una sola delle tue mani, perché nessuno seppe come, né quando, il mio cuore stette ardendo. Solamente i tuoi grandi occhi grigi lo seppero, la tua grande bocca, la tua pelle, i tuoi seni, il tuo ventre, le tue viscere e l'anima tua che io risvegliai perché restasse a cantare fino alla fine della vita.
Amore, t'attendo.
Addio, amore, t'attendo.
Amore, amore, t'attendo.
Così questa lettera termina senza nessuna tristezza: sono fermi i miei piedi sulla terra, la mia mano scrive questa lettera lungo la strada, e in mezzo alla vita sarò sempre vicino all'amico, di fronte al nemico, col tuo nome sulle labbra, e un bacio che giammai s'allontanò dalla tua bocca.

- Pablo Neruda, da “I versi del Capitano”.



Ho sognato che mi veniva dedicata;
(premettendo che fino a cinque minuti fa, non la conoscevo).
Mmh, direi che il mio subconscio se ne intende.
Bravo subconscio. *pat pat*

agosto 08, 2010

that's what you get when you let your heart win.

Ma porca puttana, ti rendi conto dell'effetto che mi fai?
Sì, stasera sono incazzata nera, con te, anche se ti amo. L'amore non comporta solo smielatezza, sai? No caro, io ti amo e stasera sono terribilmente incazzata con te, e la cosa è più che possibile.
Ti accorgi di quanto tu mi.. distrugga?
Lo vedi, lo senti, quanto maledizione mi stai uccidendo?
Li senti i miei gemiti, stasera che mi stai logorando così a fondo che lo stomaco mi fa un male cane? Li senti i miei singhiozzi, stasera che mi son sentita così.. stupida? La percepisci l'umidità delle mie lacrime, stasera che ti penso così tanto che le fitte alla testa non mi danno pace?
No, dico, ma l'hai sentito il mio grido ieri pomeriggio, quando sono uscita da casa tua?

Sei un fottuto bastardo, perché sei così dannatamente dentro di me che mi stai uccidendo, maledetto parassita innamorato.
Vaffanculo. L'amore uccide, avrei dovuto saperlo.

agosto 05, 2010

I miss you.

Mi manchi.
Mi manchi in ogni singolo istante, un po' come se io fossi una vela, hai presente?, senza vento, però.
Mi manca il tuo respiro, e senza il tuo respiro io non vivo, capisci? Un po' come se tu fossi un albero che produce il mio ossigeno in esclusiva.
Mi manchi perché tu eri un po' le mie lenti a contatto. Senza di te non vedo nulla se non una gran nebbia. Vedo tutto annebbiato e l'unico modo per tornare a vederti è bere e sentir la gola bruciare, e allora inizio a dar di matto e mi pigliano le allucinazioni e ti vedo e sono di nuovo felice, anche se poi te ne vai e vorrei morire, maledizione.
Mi manchi perché ti sei nascosto dietro le nuvole, e porca puttana non c'è neanche la pioggia a consolarmi, solo una fottuta giornata nuvolosa con te che sei il mio sole che ti nascondi, brutto bastardo, e quelle cazzo di nuvole che ti danno corda.
Mi manchi un po' come mi mancano le mie risate di bambina, quando mamma trovava un momento per me e papà non era stanco, e allora mi prendevano per mano, entrambi, e mi sollevavano, e a me sembrava di volare, più con l'anima che col corpo, perché c'erano, mentre adesso ci sono col corpo, entrambi, ma l'anima è lontana e non riesco a raggiungerla, e non ci sei tu a dirmi che è tutto a posto e passerà, e allora come faccio a convincermene?
Mi manchi perché prima bastava un tuo abbraccio a farmi star bene, e adesso sto morendo e porca puttana non se ne accorge nessuno e nessun abbraccio è sincero e allora non respiro, capisci?
Mi manchi e mi sento un po' come se ogni mio singolo organo fosse stato strappato a forza dal tuo corpo ed io fossi stata ridotta ad una vecchia carcassa, vuota.
Mi manchi e mi sto un po' pentendo d'aver costretto il mio cuore a seguirti, porca miseria, perché adesso avrei proprio bisogno di un brandello d'organo pulsante, e non lo trovo da nessuna parte, perché di fatto non trovo te da nessuna parte.
Mi manchi e non posso farci niente, perché nessuno sarà mai te e io neanche vorrei che lo fossero, ma finché non riesco ad accettare la cosa nessuno vorrà mai starmi vicino.
Mi manchi e ti sento dove non ci sei, fatto sta che poi me ne accorgo, che non ci sei, e vorrei prendermi a sprangate nei denti.
Mi manchi e, cazzo, non posso proprio fare a meno di ricordarlo a me stessa ogni cinque secondi perché il tuo ricordo è ovunque, e mentre da una parte mi fa sorridere pensare ai nostri momenti dall'altra vorrei mettermi a gridare che non ce la faccio, senza di te.
Mi manchi e porca troia non so come stai, con chi sei, dove vai, cosa fai, se ti manco, se mi ami, se mi odi, se mi pensi; e non sapere, lo sai, mi frustra.
Mi manchi e ogni tanto ti penso, quando mi tornano le fitte al polso, perché a parte i miei solo tu lo sapevi chi è stato a rovinarmela 'sta cazzo d'articolazione, e mi chiedevi sempre come facevo a non odiarlo, e io ti dicevo che non potevo odiarlo, che lo capivo, che non aveva nessuno, e che a me non mi voleva ma non m'interessava, che era sempre lui, e tu mi dicevi che avevo un'anima troppo pura per questo mondo; e, sai?, adesso me la sporcherei fino all'ultimo angolo, me la venderei, quest'anima pura, pur di poterti trovare.
Mi manchi e ho chiamato il mio nuovo pupazzo come te, e ogni sera lo abbraccio e lo stringo, e lui raccoglie tutte le lacrime che verso per te, e gli racconto, quando sono certa che nessun altro mi senta, della mia giornata, di cosa ho provato, di quanto mi manchi, e spero che tramite lui possa sentire, e sì, mi sento stupida, ma non m'interessa, perché preferisco parlare ad un pupazzo che dover perdere i contatti con la realtà attaccandomi alla bottiglia del Baileys e facendomela fuori tutta pur d'aver l'illusione di vederti, capisci?
Mi manchi e ti sogno ogni notte, perché è inutile, le nostre anime son legate, e a volte non sono sogni ma ricordi, e allora li chiamerei incubi, perché gli unici ricordi che mi tormentano la notte sono quelli dei nostri ultimi tre giorni, e quando mi sveglio e mi accorgo che, cazzo, sì, è successo tutto davvero, vorrei affogare e urlare e piangere e sbattere i pugni e picchiare qualcuno, ma non posso far niente perché nessuno deve sapere; e poi ci si chiede perché non dormo, perché non voglia farlo, perché faccio tutta una tirata e dormo un'ora ogni tre notti.
Mi manchi ed è così e basta, perché tu non torni, non so se potresti mai, ma non voglio accettarlo perché accettare che non torni sarebbe un po' come smettere di combattere, smettere di volerti qui, impedirti di tornare davvero, e allora mi aggrappo con le unghie al tuo ricordo e non me ne frega un cazzo se è sbagliato, se è immaturo, okay? Non me ne frega un cazzo, l'unica cosa che m'importa è riaverti qui, che poi è come dire che non m'importa più di niente perché è inutile continuare a sperare in tuo ritorno, e allora se non m'importa più di niente perché sono ancora qui? Perché non sono ancora scappata? Colpa tua, sempre colpa tua, stupido altruista.
Mi manchi e non ci voglio pensare che un giorno mi dovrò mettere accanto qualcuno per mantenere queste apparenze del belìn, e magari sarò pure costretta a dirgli che lo amo, capisci? Dovrò mentire per tutta la vita, porca puttana.
Mi manchi e sento un dolore acuto per tutto il corpo, come se miliardi e miliardi di aghi mi trafiggessero l'epidermide, al pensiero che tu sei stato il mio primo amore ed il mio primo bacio, ma non potrò mai donarti la mia prima volta, il mio primo vero appuntamento a cena, la prima presentazione ufficiale ai miei genitori -"Mamma, babbo, lui è il mio fidanzato. Ci amiamo, non è meraviglioso?"-, la prima notte fuori casa, la prima gita in macchina, il mio bambino, i miei nove mesi di voglie e isterie e sbalzi d'umore. Non potrò donarti la mia vita, amore mio, e allora io cosa me ne faccio?
Mi manchi e lunedì sarebbe stato il tuo compleanno, e ho lasciato dieci bigliettini d'auguri nei dieci posti in cui la tua anima potrebbe pascolare, e quel giorno mi son fatta forza e ho finto che tutto andasse bene, e sono andata al fiume con mamma e la mia amica, e ho pure fatto il bagno e mi sono bruciata, e ti ho pensato tutto il tempo e ad un certo punto, mentre i polmoni non reggevano alla corrente perché lo sai che ultimamente non riescono a mantenere il ritmo, ho pure pensato di lasciarmi andare, di affogare, di basta, di metter fine a tutto, poi mamma m'ha detto "Ce la fai? Vieni, ti tengo io se sei stanca, reggiti a me", e io ho pensato che non si riferisse al fiume e alla corrente, e m'è venuto quasi da piangere, e ho preso la sua mano e ho ripreso fiato. E ho scritto "Happy birthday, love" sulla superficie dell'acqua.
Mi manchi e bona, non posso farci niente, spero solo di non dimenticarti mai. Me lo prometti, amore mio, che non ti dimenticherò mai?
Mi manchi e buonanotte, sognami, ché io farò lo stesso e ci rincontreremo in un mondo solo nostro, in cui tu sei me ed io sono te, e noi siamo noi e basta, senza destino a far casini.
Mi manchi e ho bisogno di te.
Mi manchi e mi mancherai per sempre.
Mi manchi e a presto. Fammi sentire che ci sei.
Ti amo.

It remembers me something.

La figlia che è distrutta, logorata, uccisa dal dolore, a cui nessuno crede, che si nasconde dietro romanzi e poesie, che mente alla madre per renderla felice, per non farle capire che il suo mondo non è così perfetto come crede, che nasconde i suoi drammi ed i suoi traumi dietro una facciata da stronza, litigando in continuazione con lei.
La madre che non si sforza neanche di capire, che dà per scontato che la figlia sia solo una pezza di merda.
Il padre che non c'è.
Le coetanee che la deridono, non la lasciano vivere in pace, la isolano.
Chissà perché questo film mi ricorda qualcosa.

I need a second to breathe.

E' che mi sento sola, capisci?
C'è un muro che mi separa dal resto del mondo, da tutto il resto del mondo, ed io lo so che potrei demolirlo, potrei prendere un fottutissimo aggeggio e buttarlo giù, o almeno fare un buco abbastanza largo affinché qualcuno possa passare, ma ho paura.
Me la faccio addosso al solo pensiero che i detriti possano colpirmi, perché non resisterei.
E' un'arma a doppio taglio, okay? Mi sento sola, crepo di solitudine, ho un fottuto bisogno di qualcuno che mi stia vicino e mi dica "Ehi. D'accordo, lui non c'è più, ma anche se non è la stessa cosa ci sono io, okay? Abbracciami, prendi il mio calore, usalo finché il ghiaccio che ha avvolto ogni tua cellula non si scioglierà", però quella merda di muro è l'unico mezzo che ho per proteggermi, capisci? Io non posso fare parte del mondo, ma il mondo non può entrare e far danni. Sono già abbastanza disastrata di mio.
Però cazzo, stasera mi sento soffocare, va bene? Mi sento fottutamente sola; lui non c'è, mamma non c'è e papà non c'è mai stato. Mi sento soffocare, va bene?
Ma non importa. Un solo secondo, il tempo di trovare un po' d'ossigeno, poi tornerò ad essere la solita sedicenne schizzata con mille persone che la chiamano e la risposta pronta, quella senza problemi che sorride sempre, anche mentre t'insulta.
Adesso però non chiedermelo. Non respiro. Non chiedermelo. Non ce la faccio.
Dammi un secondo per respirare. Dammi una molecola d'ossigeno.
Dopo tornerò a fingere, ma adesso, per favore, non insistere.
Tornerò quella che vuoi domattina, ma adesso, ti prego, lasciami abbracciare il cuscino.
Ho bisogno di piangere.

agosto 04, 2010

Can I have a smile, please?

Diomio, ti capita mai? Pensi mai al fatto che da qualche parte nel mondo, vicino a casa nostra o agli antipodi della nostra immaginazione, in questo preciso momento qualcuno sta nascendo?
E sì, okay, forse qualcuno sta morendo, e chissà quante persone stanno lottando con le unghie e con i denti per restarci aggrappate, a questa maledetta vita che a volte cederei volentieri al miglior offerente, oppure anche ad un offerente a caso, ma in questo momento, che voglio riempirmi di speranza fino al midollo per tornare a vedere i colori di questo mondo tutto grigio, voglio concentrarmi sulle nascite.
No, dico, ma ci pensi? Un bambino adesso sta nascendo, e magari il dottore lo porgerà alla mamma che si lascerà andare ad una risata che profuma tanto di sollievo e se lo stringerà al petto, e nonostante sia tutto sporco e inguardabile dirà che è bellissimo, il suo bambino, e gli sorriderà così intensamente cullandolo da stordire per un momento l'ostetrica.
Ci pensi? Mentre io mi danno e mangio cioccolata per sentirmi un po' meno sola, da qualche parte una meraviglia vede per la prima volta la sua mamma.
Ma non diciamoglielo, a quel bambino, che il mondo fa schifo e che prima o poi i sogni precipitano, e soprattutto non diciamogli mai che l'amore distrugge, perché le persone sono così, se ne vanno, non sanno fare altro, e chi non lo fa col corpo lo fa con l'anima, e non si sa quale dei due modi sia peggio.
Non diciamoglielo, siamo egoisti. Godiamoci il suo sorriso.
Diomio, non sai cosa darei per essere lì in questo momento. Ho bisogno di un sorriso.
Mi regaleresti un sorriso, per favore?